Beethoven! 250 anni del Titano

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«Stai per realizzare un sogno desiderato a lungo…Tramite incessante impegno, ricevi lo spirito di Mozart dalle mani di Haydn.»

Corre l’anno 1792; un giovane compositore di belle speranze sta per lasciare la provinciale Bonn alla volta di Vienna, capitale della musica. In tasca, una lettera di raccomandazione e una borsa di studio del Conte Waldstein, molto talento e ambizione:

il suo nome è Ludwig Van Beethoven.

Oggi sappiamo che le parole del suo mecenate avrebbero trovato compimento: 250 anni dopo la sua nascita Beethoven è ricordato come il Titano della musica, che raccoglie e porta a compimento il classicismo di Mozart e Haydn e apre alla nuova sensibilità romantica, un rivoluzionario che ha saputo traghettare la musica in un mondo nuovo e moderno. Un mondo dove l’orchestra si fa professionale, guidata da un direttore, dove la Sinfonia diventa il genere strumentale per eccellenza, dove il compositore diventa artista e, soprattutto, dove la musica non appartiene più soltanto all’aristocrazia ma inizia davvero a parlare a tutti.

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Il 17 dicembre, anniversario della sua nascita, sono cominciate in tutto il mondo iniziative dedicate ai primi 250 straordinari anni musicali di Beethoven; vi proponiamo qui qualche link per ascoltare, esplorare, approfondire.

Beethoven everywhere
raccolta digitale di Google Arts & Culture in collaborazione con istituzioni culturali di prim’ordine (Deutsche Grammophon, Carnegie Hall, Secessione di Vienna e molti altri nomi). Un’ esplorazione multimediale dell’artista Beethoven reinterpretato dal mondo pop e dei cartoons, dal rock e dal cinema.

Ludwig Trap Beethoven
docufiction di animazione proposta da RSI, dove troveremo Beethoven alle prese con il nipote Karl, moderno trapper.

Beethoveniana
Sergio Albertoni de L’Orecchio Furioso ci propone una serie di puntate radiofoniche decisamente fuori dal comune dedicate a lati inediti della musica del Titano, tra cui segnaliamo Beethoven da ridere.

– la pagina dedicata a Beethoven da RaiCultura, ricchissima antologia di video, articoli, cartoni e molto altro per approfondire connessioni con storia, letteratura, arti visive e mondo pop.

Beethoven, riflessioni a 250 anni dalla nascita
per i più studiosi, una puntata de La Grande Radio di Radio Tre, disponibile su RaiPlay, con ospiti musicali d’eccezione.

Questi sono soltanto alcuni spunti: occhi e orecchie aperte anche nel 2021, ed è così che vogliamo augurarvi buone vacanze e …

Dai nostri archivi: Verdi e Puccini, campioni del mondo

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Per chiudere in bellezza il nostro viaggio nella storia dell’opera italiana, non poteva mancare una puntata dedicata ai due campioni: Giuseppe Verdi e Giacomo Puccini. Due pezzi da novanta, non soltanto del teatro d’opera italiano, bensì dell’intera storia della musica: veri e propri campioni del mondo.

VIVA VERDI!

Fiumi e fiumi d’inchiostro, virtuale e non, sono stati spesi sul più celebre e amato tra i compositori di opera italiana. Noi non siamo stati da meno e nella Stagione 2012/13 abbiamo dedicato un ciclo intero di articoli a Giuseppe Verdi. Ci troverete un po’ di tutto: una biografia in tre puntate, tavole cronologiche contestualizzate, articoli di approfondimento su musica e drammaturgia e persino un excursus nella storia del cinema a caccia di colonne sonore verdiane. Come andare a rileggere? Semplice, cercando tra il materiale taggato verdi, oppure spulciando da questo piccolo indice tematico:

Il giovane Verdi
Viva Verdi
Gli ultimi capolavori
Vite parallele #1 (tavola cronologica)
Vite parallele #2 (tavola cronologica)
Vite parallele #3 (tavola cronologica)
Le innovazioni drammaturgiche
Verdi vs Wagner, l’incontro impossibile
Musica e identità nazionale
I personaggi impossibili
Verdi e Wagner al cinema
Una lezione d’eccezione
Verdi, il Maestro
Otello, la parola al regista
Falstaff immenso, enorme Falstaff!

Non dimenticate le pagine dedicate a Verdi prodotte direttamente da voi, studenti e pubblico de La Scuola all’Opera, consultabili qui.

IL NOVECENTO DI PUCCINI

E dopo l’esplosione del genio verdiano?
Cosa aggiungere ai punti fermi messi dalle opere del Maestro di Busseto?
Il melodramma conosce in quel periodo, senza dubbio, un grande momento di crisi. Per dirlo con le parole di Lorenzo Arruga, “I teatri d’opera sembravano essere ancora il tempio dov’era custodito il passato” [1]

Un passato da gettare via o a cui ridare nuova vita?

Tra le nuove, effervescenti generazioni che si affacciano alla scena musicale, i nuovi stili – Scapigliatura, verismo, esotismo-, qualche grande titolo, come Cavalleria rusticana e Pagliacci, che fa furore e apre una porta al nuovo, e i nuovi autori della Giovane Scuola Italiana, un nome soltanto emerge e spicca prima come erede e come rinnovatore poi: quello di Giacomo Puccini.

A lui abbiamo dedicato due puntate biografiche e diversi articoli specifici disponibili al tag puccini tra cui, come sempre, anche materiali prodotti da voi.

Puccini, l’erede
Il Novecento di Puccini
L’Oriente in musica, a Torino
La Bohème, benvenuti all’opera!
Contrasti di colore: Suor Angelica

La nostra storia dell’opera italiana si conclude qui, ma non gli appuntamenti con i nostri articoli: vogliamo augurarvi buone vacanze con un breve pezzo dedicato a un altro campione del mondo musicale. Chi? Per scoprirlo, ci vediamo qui sul blog martedì 22 dicembre!

[1] Lorenzo ARRUGA, Il teatro d’opera italiano, una storia, Feltrinelli, Milano 2009, p. 304

Dai nostri Archivi: Bellini e Donizetti, l’immaginario romantico

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Avevamo lasciato la nostra storia dell’opera italiana in sospeso con la puntata sul grande Rossini e su un teatro che sta cambiando verso l’immaginario romantico, il sorgere di nuove storie e nuovi eroi, nuove voci e un nuovo modo di cantare, più espressivo e meno fiorito. Il teatro si arricchisce di nuovi spettatori, il pubblico popolare, che ogni sera di spettacolo invade i loggioni pronto a infiammarsi di passione per una donna o per una causa, a inorridire alle scene di pazzia, trattenere il fiato tra giuramenti, vendette e spettri, a commuoversi con l’ormai immancabile finale tragico.

Cambia anche la figura del compositore, sempre più protagonista e artista; e in questo articolo ve ne presentiamo due esempi d’eccezione.

Vincenzo Bellini nasce a Catania il 3 novembre del 1801, e muore per una infezione intestinale, in circostanze mai perfettamente chiarite, appena 34 anni più tardi, il 23 settembre 1835, a Puteaux nei pressi di Parigi. La sua vita e la sua figura sono ammantate di leggenda: biondo, la figura fine e delicata, autore di commoventi e indimenticabili pagine melodiche ed espressive, protagonista di amori contrastati e stroncato da un male improvviso e misterioso, ancora giovanissimo e all’apice della carriera. Iniziato alla musica in famiglia, viene mandato all’età di 18 anni a studiare in conservatorio a Napoli, dove esordisce in campo teatrale nel febbraio 1825 con un’opera napoletana (con sezioni in dialetto), Adelson e Salvini, che riscuote un enorme successo. Tra il pubblico è presente un ascoltatore d’eccezione, Gaetano Donizetti. A questo primo lavoro segue il successo, l’anno successivo presso il teatro San Carlo, di Bianca e Fernando (modificato dalla censura in Bianca e Gernando per non urtare il principe ereditario Fernando, al quale in ogni caso l’opera è dedicata). Nel 1827 Bellini è già alla Scala di Milano, dove viene definitivamente consacrato tra i grandi operisti italiani con il dramma Il Pirata. L’opera inaugura la lunga ed esclusiva collaborazione di Bellini con il librettista Felice Romani, autore di tutti i suoi testi tranne l’ultimo, I Puritani. Al primo trionfo scaligero ne segue, due anni dopo, un secondo, con La straniera. Forte del successo, Bellini viene chiamato a inaugurare il Teatro Ducale (in seguito Regio) di Parma, e compone frettolosamente una nuova opera, Zaira: è un fiasco solenne, al quale non seguono riprese. Compositore moderno, Bellini non riesce a sostenere i frenetici tempi di produzione tipici del secolo precedente e ancora comuni a molti suoi contemporanei (ad esempio Donizetti, come vedremo tra poco), e scriverà, da allora in poi, non più di un’opera all’anno.

Le sfortunate pagine di Zaira vengono rimaneggiate e trasformate ne I Capuleti e i Montecchi, in scena alla Fenice di Venezia nel 1830. È un nuovo entusiasmante trionfo: Bellini stesso scriverà che “il fanatismo è arrivato se non al di là, simile a quello del Pirata e della Straniera in Milano”[1]. Ed è anche una delle ultimissime opere che sottostanno alle leggi teatrali in vigore in tempi preromantici, con la parte di Romeo affidata a un mezzosoprano e il predominio del gusto dei cantanti sulle scelte del compositore: la prima interprete, la diva Maria Malibran, scontenta del finale, lo sostituirà con quello di una precedente opera di Vaccaj creando così un cosiddetto “pasticcio” che circolerà molto a lungo nei teatri italiani.

Nel primo degli ascolti che vi proponiamo, appunto il commovente finale originale de I Capuleti e i Montecchi, sentirete come Bellini rinuncia alle ragioni del belcanto virtuosistico in favore dell’espressione del sentimento puro.

[click per il link al video]

Nel 1831 Bellini è nuovamente alla Scala, questa volta con un’opera semiseria, La sonnambula, molto interessante dal punto di vista del passaggio ad un nuovo linguaggio drammaturgico e musicale. L’opera, infatti, pur presentando un soggetto e un’espressività melodica sicuramente romantici,

[…] organizza il discorso musicale separando rigidamente l’azione dalle parti puramente liriche. Bellini si dimostra più conservatore e classico di Rossini […][2]

Ma il linguaggio romantico ormai prorompe e proprio Rossini, che ha conosciuto il maestro catanese a una replica del Pirata, pur non amandolo gli riconoscerà l’assoluta novità dello stile e della scrittura.

In una lettera allo zio il giovane musicista riferirà: “[Rossini] mi disse: io ho conosciuto nelle vostre opere che voi cominciate di dove gli altri hanno finito”.[3]

E il Romanticismo esplode nel successivo lavoro per l’inaugurazione della Stagione scaligera (26 dicembre 1831), con quello che è considerato il suo massimo capolavoro: Norma. Alla prima, inaspettatamente, l’opera conosce un fiasco “solenne”, come ebbe a dire lo stesso autore: ma già dalla seconda recita si avvia a diventare uno dei più celebri melodrammi di tutta la storia dell’opera italiana, il cui linguaggio musicale, caratterizzato da tensione drammaturgica e lunghe melodie sviluppate cromaticamente, sarà ammirato da grandissimi compositori quali Verdi e Wagner.

Il lavoro successivo, Beatrice di Tenda, andato in scena alla Fenice nel 1832, risente però di un calo di ispirazione e della fretta con cui è composto, e cade clamorosamente, segnando anche la fine della collaborazione tra Bellini e il librettista Romani, a cui il compositore attribuisce il fiasco. Dopo l’insuccesso veneziano Bellini parte per Londra, dove cura l’edizione di quattro sue opere, accolte dal pubblico con entusiasmi alterni, e si reca quindi a Parigi, capitale culturale e teatrale dell’epoca. Laggiù Rossini, consigliere del Théâtre Italien, gli procura un contratto per un’opera in italiano: nasce così I Puritani, ultimo lavoro del maestro catanese. Su libretto di Carlo Pepoli, patriota mazziniano all’epoca in esilio a Parigi e futuro senatore del Regno d’Italia (dal 1862), quest’ultimo lavoro mostra chiaramente l’influenza parigina nell’estrema cura assegnata all’orchestra, timbricamente e armonicamente espressiva.

E proprio da I Puritani, atto I, vi proponiamo il secondo ascolto: A te, o cara. Sentirete come la bella melodia del tenore viene sostenuta da brevi interventi degli altri personaggi, in funzione di pertichini.

[click per il link al video]

Ospite nella villa di un facoltoso inglese, nel settembre 1835 Bellini si ammala: a nessuno è permesso visitarlo. Sarà un amico, che riesce ad introdursi nella casa temporaneamente abbandonata da padroni e servitù, a trovare il giovane compositore ormai morto. Sepolto per oltre 40 anni al cimitero Père Lachaise, il feretro venne traslato nel 1876 a Catania, accolto ad ogni tappa da bande e solenni cortei, come eroe nazionale.

Contemporaneo di Bellini, per qualche tempo suo concittadino e non ricambiato ammiratore è il bergamasco Gaetano Donizetti. Nato il 29 novembre 1797, Donizetti inizia la sua formazione presso le “Lezioni caritatevoli di musica” dirette da Simone Mayr, ma all’età di 18 anni si trasferisce a Bologna per studiare contrappunto e fuga alla scuola di Padre Mattei già frequentata da Rossini. Dopo solo un biennio di studi comincia la sua lunga e intensissima carriera operistica: la prima scrittura la ottiene dal teatro San Luca di Venezia, con l’opera semiseria Enrico di Borgogna, che va in scena nel 1818. L’anno successivo seguono una farsa, due opere buffe e un’opera seria, quest’ultima composta per il teatro Argentina di Roma, tutte scritte secondo la moda rossiniana. È già evidente il ritmo sostenuto, ancora settecentesco, e la velocità di scrittura che caratterizzerà tutta la produzione di Donizetti, che arriverà a comporre più di settanta opere nel corso della sua carriera. Dopo l’esperienza romana Donizetti si trasferisce a Napoli, dove al suo debutto con La Zingara è presente Vincenzo Bellini. Seguono altre quattro opere, di cui soltanto una seria, scritte per Napoli, Milano e Roma: ma il successo iniziale ha lasciato il posto a una serie di insuccessi. La sua prima opera buffa di rilievo, L’ajo nell’imbarazzo, va finalmente in scena a Roma nel febbraio 1824, procurando col suo successo altre scritture a Donizetti, nonché l’incarico di maestro di cappella del teatro Carolino di Palermo, che ricopre fino al 1826, seguito da un contratto con l’impresario Barbaja – che lo obbliga a scrivere ben quattro opere all’anno per tre anni -, e infine dalla carica di direttore dei Teatri Reali a Napoli, mantenuta fino al 1838: a parte qualche eccezione, tutti questi primi lavori risentono di uno stile e di convenzioni teatrali ormai morenti, che impediscono al compositore di cogliere un vero, duraturo successo; egli stesso ne denuncerà le ormai insopportabili costrizioni ne Le convenienze e inconvenienze teatrali, una satira al vetriolo sull’amato-odiato mondo dell’opera.

La maturità però arriva soltanto con la trentesima opera (senza contare le riscritture), Anna Bolena, composta per il teatro Carcano di Milano nel 1830, in diretta concorrenza con l’inaugurazione della Scala che ospita I Capuleti e i Montecchi di Bellini; l’opera conosce un immediato e duraturo successo, replicata nei teatri di tutta Europa.

Donizetti fa parte di quel vasto numero di musicisti (con Beethoven, Verdi e Wagner) che giunge all’individuazione di uno stile personale lentamente, dopo aver a lungo percorso sentieri noti. Questo suo primo capolavoro rivela l’avvenuta maturazione nella direzione del dramma patetico a forti tinte e introduce alla feconda stagione dei superbi melodrammi tragici degli anni trenta. Il bravo artigiano si è trasformato in un artista romantico.[4]

Ma, al contrario di quanto farà ad esempio Verdi, dopo aver trovato la sua personale strada artistica Donizetti non dirada gli impegni e continua a comporre alacremente alternando lavori di pregio a opere minori. Seguono quindi, per citarne alcune, Gianni di Parigi, Francesca di Foix, La romanziera e l’uomo nero, Fausta, Ugo conte di Parigi.

Il secondo capolavoro arriva nel 1832 con L’Elisir d’amore, in scena al teatro della Canobbiana a Milano, quarantesima opera di Donizetti, commedia romantica che con semplicità e incredibile capacità melodica delinea alla perfezione il carattere dei personaggi, coniugando, come notano Dorsi e Rausa, una nuova intensità lirica alla brillantezza dell’opera buffa tradizionale.

Dall’atto I vi proponiamo l’ascolto della celebre cavatina di Dulcamara, Udite, o rustici. Il buffo Dulcamara, simpatico imbroglione, vende un finto elisir agli ingenui contadini; caso strano, per Nemorino, l’impacciato protagonista, l’elisir sembra funzionare…!

[click per il link al video]

A distanza di un anno soltanto, ma intervallata dalla composizione di altre opere secondarie, Donizetti scrive un’altra pietra miliare tra le sue opere serie, Lucrezia Borgia, a cui assiste anche il giovane Verdi, che ne rimarrà a lungo influenzato. Del 1834 è Maria Stuarda, che però incappa nella censura borbonica e nel clima politico e sociale sempre più agitato: Ferdinando II ne blocca la messa in scena immediatamente dopo la prova generale a Napoli, a Milano viene vietata dopo poche recite.

Dopo un breve soggiorno parigino, Donizetti rientra a Napoli dove, nel settembre 1835, rappresenta Lucia di Lammermoor, considerata il suo capolavoro assoluto, lavoro moderno che fonde la tradizione belcantistica con le nuove esigenze espressive e realistiche. Non può mancare dai nostri ascolti la celebre Scena della pazzia, dall’atto III. Qui il virtuosismo siderale diventa espressione della perdita di contatto con la realtà. In questa edizione viene ripristinato l’utilizzo della glass harmonica, strumento rarissimo e dal suono spettrale, quasi sempre sostituito dal flauto.

[click per il link al video]

Segue un altro periodo di intenso lavoro: Belisario (Venezia 1835), Il campanello di notte (Napoli 1836), Betly (Napoli 1836), L’assedio di Calais (Napoli 1836), Pia de’ Tolomei (Venezia 1837), e infine Roberto Devereux: quest’ultimo va in scena a Napoli nel 1837, riscuotendo grande successo ed entrando stabilmente nel repertorio nazionale dell’epoca. Due anni dopo, mentre va in scena alla Scala, proprio sullo stesso palcoscenico si prova Oberto, conte di San Bonifacio, opera di un giovane esordiente: Giuseppe Verdi.

Dopo il fiasco di Maria di Rudenz (Venezia 1838), e un altro divieto della censura napoletana (Poliuto), negli anni successivi Donizetti dedica la sua produzione prevalentemente ai palcoscenici esteri, tra Vienna e Parigi (tra cui l’ opéra comique La fille du régiment,nel 1840): proprio per Parigi firma l’ultimo dei suoi capolavori comici, Don Pasquale, nel 1843. Seguono pochi altri lavori: la sifilide, contratta da tempo, sta lentamente prendendo il sopravvento, portando il compositore a una tragica fine. Dopo un breve internamento in un ospedale psichiatrico francese, Donizetti muore a Bergamo l’8 aprile 1848.

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[1] Cit. in Fabrizio DORSI, Giuseppe RAUSA, Storia dell’opera italiana, Mondadori, Milano 2000, p. 313
[2] Id., p. 321
[3] Id., p. 313
[4] Id., p. 320

Il Teatro di domani

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Se si potesse sorvolare a media quota l’Italia dell’Ottocento, un’ora o due dopo il tramonto, in ogni città, grande o piccola, si vedrebbero uscire dalle case decine e centinaia di persone, tutte dirette verso il teatro. Ce n’è almeno uno per città, o quasi: teatri grandi e teatri piccoli, quelli grandi con il portico affacciato sulla strada per accogliere le carrozze che poi, scesi i passeggeri, proseguono; quelli minori in genere con un piccolo colonnato davanti […]

Lorenzo ARRUGA, Il teatro d’opera italiano, Una storia, Feltrinelli, Milano 2009, p. 214

Così cominciava una puntata della storia dell’opera italiana scritta per voi su questo blog qualche annetto fa…

Rileggere queste parole ci ha fatto un certo effetto, oggi che la situazione è molto diversa: da tanti mesi non vediamo più voi, il nostro pubblico, arrivare la sera elegantissimi per lo spettacolo, né i vostri zaini invadere gioiosamente il foyer tutte le mattine per qualche laboratorio o una visita dietro le quinte.

Come sicuramente saprete, in questo periodo non facile il nostro Teatro sta attraversando un grande cambiamento; per alcune settimane ci siamo quindi assentati da questa pagina virtuale, in attesa di capire come poter proseguire il nostro percorso insieme.
Certamente però non vi abbiamo dimenticato, anzi continuiamo a sperare di rivederci.

Nell’attesa, vorremmo utilizzare questo blog al meglio: innanzitutto per invitarvi a tornare in sala, almeno virtualmente, con la musica del Regio Alive, un bel programma di concerti in streaming proposti dalla nostra Orchestra e dal Coro.

Dalla prossima settimana torneremo inoltre a postare un po’ di materiale didattico dai nostri archivi, terminando la storia dell’opera italiana dall’Ottocento fino al Novecento di Puccini.

Soprattutto ci piacerebbe ridare voce a voi, per i quali è nato questo diario virtuale: vorremmo chiedervi di raccontarci come immaginate il Teatro di domani.
Vi aspettiamo nei commenti! 👇

E’ settembre, ma senza impegno

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Cominciano le piogge e i primi freddi, ma in Galleria Tamagno è ancora estate… ce lo conferma Bianca, ballerina e giovanissima vincitrice del laboratorio Orchestra Quiz della settimana scorsa!

Sì, perché dopo un po’ di meritate vacanze abbiamo ripreso i nostri laboratori estivi dedicati a Wolfgang Amadeus Mozart: fino a venerdì le note del Flauto magico saranno di nuovo le protagoniste delle vostre performance di recitazione, canto, balletto e breakdance.

Nel frattempo, il Teatro ha riaperto le porte per i concerti di MITO e continua a farsi bello in vista dei prossimi appuntamenti.

Sappiamo che anche voi siete super impegnati nei preparativi per l’atteso ritorno a scuola e auguriamo a tutti, a voi e a noi, che questo settembre sia un buon nuovo inizio: a presto!

Pronti, settembre, via!

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Gentili lettori,

è giunto finalmente il momento di presentarvi le nostre proposte didattiche per il prossimo anno scolastico. Ci rendiamo conto delle difficoltà che tutti stiamo vivendo, in particolar modo dei dubbi e delle perplessità che riguardano il mondo della scuola, ma vorremmo comunque essere presenti con le nostre attività, per poter ancora incantare ed emozionare gli studenti (e non solo!).

Non potendo ancora avere la certezza matematica del futuro, abbiamo pensato di scrivervi una newsletter che potesse dare un’idea di ciò che vorremmo proporre ai giovani e ai giovanissimi di ogni ordine scolastico.

Prima di tutto gli spettacoli. Il Teatro ha l’intenzione di riprenderne alcuni che erano in programma la scorsa stagione e che purtroppo sono stati cancellati a causa dell’emergenza sanitaria. Sicuramente in dicembre ci sarà La bohème, i ragazzi e l’amore, nell’adattamento e testi di Vittorio Sabadin (fascia d’età consigliata 11-18 anni).

Non solo: stiamo lavorando per poter riproporre Racconti di paesaggi sonori (8-18 anni) e Riccioli di Barbiere (3/6 anni), entrambi con la partecipazione del pubblico.

Per una serie di motivi legati alla programmazione non sarà presente in cartellone Il mago di Oz, ma sicuramente a settembre potremo darvi il titolo di un’opera su cui verteranno tutti i nostri laboratori di Operando e che sarà la protagonista dell’attività Cantiamo l’opera.

Inoltre, dato che nell’anno nuovo è previsto uno dei titoli più interessanti e allettanti della storia dell’opera, ossia Il flauto magico di Wolfgang Amadeus Mozart, come non programmare una recita al mattino aperta agli studenti della scuola secondaria di primo e secondo grado?

Come ogni anno non potrà mancare uno spettacolo per il Giorno della memoria in collaborazione con il Polo del ’900 e saranno rinnovate le collaborazioni con altre realtà museali di Torino e cintura per tutti i nostri percorsi di rete e le attività legate agli spettacoli in stagione (Un giorno all’opera e All’opera, ragazzi!) che trovate nel sito del teatro, compatibilmente con l’evolversi della situazione legata all’emergenza sanitaria.

Ci saranno anche delle novità: un’attività a proposito di Ludwig (Beethoven) in occasione dell’anniversario della nascita e un percorso legato a tre titoli operistici settecenteschi (La scuola de’ gelosi, La finta semplice, L’opera seria) che dovrebbe svilupparsi su due fronti: da un lato il coinvolgimento di alcuni musei che “mettono in mostra” il ’700 e dall’altro una lezione-laboratorio sulle danze settecentesche, adatta ai ragazzi della scuola secondaria di primo e secondo grado.

E non possiamo dimenticarci di voi, cari insegnanti, che in questi anni ci avete seguito e sostenuto e ci avete permesso di diffondere la “cultura” dell’Opera Lirica, troppo spesso dimenticata dal sistema scolastico italiano: All’opera, docenti!, il ciclo di incontri di preparazione didattica agli spettacoli e alle attività della Scuola all’Opera, aperti a tutti i docenti e agli studenti universitari.

Stiamo lavorando per realizzare nuove modalità per la fruizione dei nostri servizi educativi e didattici e per questo chiediamo a voi: che cosa possiamo proporvi per poter venire incontro alle nuove esigenze dei ragazzi e della scuola?

Buona estate e arrivederci a settembre!

Andrea Fanan e Benedetta Macario
Teatro Regio Torino – Servizi Didattici ed Educativi

Orchestra quiz

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Last but not least, come laboratorio conclusivo de La Bella Estate vi presentiamo Orchestra Quiz, la sfida a colpi di ritmo e timbri dedicata alle orecchie più allenate del West.

Se pensate di saper riconoscere le voci dell’orchestra ad occhi chiusi, se per voi afferrare e riprodurre sequenze ritmiche è un gioco da ragazzi, insomma! se avete la musica nel sangue, questa è la sfida che fa per voi. E se prima di lanciarvi nella mischia avete bisogno di un po’ di allenamento, niente paura: ci pensa la nostra Cecilia a prepararvi al meglio.

Siamo onorati di potervi presentare i campioni assoluti di questo eccezionale quiz all’ultima nota: Sofia S. e Kamal H. Bravi ragazzi!!!

La Bella Estate termina domani … purtroppo!
Noi ci siamo divertiti parecchio, e voi?
Approfittiamo di questo tempo prima della ripresa delle attività per ricaricare un po’ le pile e per mettere a punto i nuovi progetti. 🤩

Vorreste qualche anticipazione? 😏Tranquilli, non dovrete aspettare settembre: appuntamento a lunedì, sempre qui sul nostro fedelissimo blog. 😎

Ancora danza in Galleria Tamagno

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Senza accorgercene, siamo già arrivati all’ultima settimana di laboratori estivi per il progetto La bella estate, un’opportunità che dopo questi mesi a riposo forzato ha rappresentato per noi un momento di ripresa davvero incoraggiante.

Dopo la break dance della puntata scorsa, anche oggi vi presentiamo un laboratorio dedicato al movimento: Classe di danza.

Chi di voi ha già avuto occasione di partecipare nella versione che proponiamo all’interno del ciclo Opera…ndo sa già di che si tratta: indossare per un giorno i panni del ballerino, dalle prime sperimentazioni con la gestualità fino all’invenzione e interpretazione di una coreografia sulle note di celebri compositori.

In questo nuovo taglio estivo dedicato al Flauto Magico, il laboratorio guidato dalla nostra Caterina si arricchisce di una sperimentazione su stili ed epoche diverse, dal medioevo al Charleston alla musica pop, per tornare infine al capolavoro mozartiano.

Recitazione, canto, danza classica e contemporanea: e per chi ha davvero troppo caldo per muoversi e preferisce allenare orecchie e neuroni? Abbiamo una proposta anche per voi! Appuntamento alla prossima puntata.

Yo, Papageno, yo!

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Quanti di voi si sono fermati almeno una volta ad ammirare i b-boys scatenarsi nel breaking in Galleria Tamagno?

Se fare gli spettatori non vi basta più e bruciate dalla voglia di muovervi in qualche ardita coreografia, Yo, Papageno, yo!, seconda proposta del ciclo La Bella Estate, è il laboratorio che fa per voi.

Guidati dal nostro Albert, spaziando dalle note dell’hip hop al Flauto Magico di Mozart, scoprirete come opera e danza contemporanea abbiano molti aspetti in comune, cimentandovi con le basi della breakdance.

Vi ricordiamo che i laboratori del progetto La Bella Estate sono gratuiti e destinati ai ragazzi dei centri estivi.

Se né Recitar cantando né la breakdance di Yo, Papageno, yo! fanno per voi, stay tuned per scoprire quali altre proposte abbiamo in serbo!

Laboratori in Galleria

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Il tempo vola quando ci si diverte … siamo quasi al termine della seconda settimana dalla ripresa delle nostre attività!

Mentre il Sovrintendente guardando avanti ha presentato un’anticipazione della prossima (bellissima!) Stagione e i primi spettatori ci hanno raccontato l’emozione del ritorno in Sala, anche noi ci siamo non poco divertiti con i laboratori de La Bella Estate, belli distanziati e al fresco della Galleria Tamagno.

Postiamo per voi qualche diapositiva dal primo appuntamento con Recitar cantando!

Protagonisti di questo debutto un baldo gruppo di ragazzi di 9 e 10 anni dal quartiere Santa Rita al mattino e i giovani dell’Associazione Relevé al pomeriggio: guidati dalle nostre Cecilia e Gloria si sono lanciati in una delle avventure più affascinanti e divertenti dell’opera, quella del Flauto magico.

Dopo aver raccontato la fiaba, averne ascoltato i brani più celebri ed essersi immedesimati nei protagonisti umani e… animali, un po’ di studio “serio”: in poco tempo i ragazzi hanno imparato ben sei brani, un riassunto dei momenti clou dello spettacolo.

Infine, Recitar cantando: si gioca “all’opera”, mettendo in piedi un mini Flauto magico interpretato interamente da noi. Niente male per una tranquilla mattina d’estate!

Grande emozione per l’Ufficio Scuole, dopo tanti preparativi e tante incognite, e divertimento per i ragazzi.

Ma, lo sappiamo, chi dice Galleria Tamagno dice break dance: nel prossimo post vi mostreremo qualche spezzone di Yo, Papageno, yo!, secondo appuntamento della serie. Alla prossima!