Il Liceo Amaldi e Don Carlo

Standard

Con grande piacere condividiamo con voi il percorso che la classe III B del Liceo Amaldi di Orbassano, preparata dalla professoressa Albertetti, ha svolto sull’opera Don Carlo nel corso della passata Stagione partecipando al progetto All’Opera, ragazzi!: un viaggio “dietro le quinte” del melodramma che ha compreso una lezione sul titolo prescelto, visita guidata alle strutture del teatro, visione delle prove e finalmente l’emozione dello spettacolo, accompagnati in tutto dalla nostra esperta Caterina Cugnasco.

Giorgia ha raccontato la sua esperienza in un tema che risponde alla prima traccia:

“Don Carlo” è un’opera scritta da Giuseppe Verdi, ambientata nella Spagna cinquecentesca, che si basa su fatti storici realmente accaduti: Filippo II era il figlio dell’imperatore Carlo V; dalle sue prime nozze nacque un figlio, a cui si diede il nome di Carlo in onore del nonno. Quando Carlo V decise di ritirarsi dalla vita politica, la corona di Spagna passò a Filippo II. Per sancire la pace tra Spagna e Francia, Filippo II sposò Elisabetta di Valois, sebbene ella fosse stata promessa in matrimonio a suo figlio Carlo. La vicenda parte da questo evento: Verdi mette in risalto la sofferenza del povero Carlo, affranto dalla notizia che Elisabetta diventerà la sua matrigna. Al contrario del padre, Carlo ha un carattere sensibile e dolce, ma allo stesso tempo irrequieto; i suoi atteggiamenti evidenziano il permanere, in lui, di qualche atteggiamento da ragazzino immaturo. Nell’opera rappresentata al Teatro Regio, il direttore artistico sceglie un Don Carlo che per le caratteristiche fisiche ricorda molto un ragazzo, ma per quanto riguarda l’aspetto musicale ha una voce non tanto potente, quanto espressiva ed emozionante. Al fianco di Don Carlo vi è Rodrigo, il suo amico del cuore. Rodrigo è il marchese di Posa. Il suo ruolo è uno dei più importanti: da una parte consola ed aiuta Carlo a riprendersi dall’amore spezzato per Elisabetta, dall’altro è anche una persona fidata per Filippo. Per lui il direttore artistico sceglie un cantante molto adatto alla caratterizzazione di Rodrigo che emerge dalla trama; infatti l’interprete ha una voce molto potente, decisa e convincente; anche in quanto ad aspetto fisico rispecchia un uomo forte, che è in grado di affrontare situazioni diverse. Ma l’aspetto più interessante, su cui mi voglio maggiormente soffermare, è il rapporto tra questi due personaggi: una forte amicizia li lega, un rispetto reciproco che emerge già all’inizio dell’opera. Il duetto, cantato da Carlo e Rodrigo, “Dio che nell’alma infondere”, fa capire quanto i due personaggi siano legati: “Giuriam insiem di vivere/ e di morire insieme”. Questo duetto è forse uno dei più amati del pubblico, poiché presenta un valore comune a tutti: il legame di amicizia che non ha fini secondari, ma trova il proprio fine in se stesso: Rodrigo e Carlo si vogliono veramente bene, e non in modo interessato per arrivare ai beni posseduti dall’altra persona. Inoltre il brano scritto da Verdi è molto melodico e permette a chi lo ascolta un apprezzamento musicale, ma anche un coinvolgimento emotivo. Al Teatro Regio ho notato che esso è stato così forte da suscitare in platea, sottovoce, un coro improvvisato. D’altra parte, i due cantanti sono stati capaci di interpretare il duetto in modo eccellente. Ho apprezzato molto il gesto d’affetto, un caloroso abbraccio, scambiato tra i due amici, che ha reso la scena molto più realistica. I costumi erano molto curati e non si è trascurato nessun particolare. La scenografia non mi ricordava tanto la Spagna cinquecentesca, ma piuttosto una Roma antica alquanto lugubre; però le luci intensificavano e valorizzavano le scene di don Carlo e Rodrigo poiché facevano risaltare i tratti del viso. Verso il finale assistiamo a una scena commovente da cui tutti rimaniamo colpiti: la morte di Rodrigo. E’ un fatto inaspettato e triste. Tutti riusciamo ad immedesimarci nel povero Carlo che, oltre a vedere sfumato davanti a sé l’amore per Elisabetta, subisce la perdita del suo più caro amico. Prima di morire Rodrigo dice una frase per Carlo, che ha suscitato in tutti noi compassione e nei più sensibili una lacrima: ”Ed io morir per te”.

Federico, Irene e Gaia hanno scelto invece la traccia numero due.

Il tema di Federico:

Caro Giovanni,
il 18 Aprile insieme alla mia classe, alla sera, sono andato a Teatro Regio.
Per quanto riguarda l’abbigliamento, la preparazione a casa è stata da comica: prima ho bisticciato con mia madre sul fatto di mettere o non mettere la cravatta; quando ho indossato la giacca, ho passato cinque minuti a cercare di muovermi perché mi sentivo un albero; terminati questi sforzi, insieme a due miei amici, Marco e Lorenzo, sono andato a Torino in piazza Castello, dove c’è il teatro. Eravamo tutti vestiti bene, a differenza dei ragazzi di un’altra classe, che sembravano arrivati lì per caso. In teatro ho visto gente molto elegante: non me lo aspettavo neanche. Prima di entrare ci siamo fatti duecento fotografie, ed io avevo gli occhi che mi facevano male. Una volta giunti nel foyer, ci hanno dato i biglietti: noi avevamo le poltrone con i numeri pari, e i nostri posti erano nel centro della sala, verso destra; la visuale era abbastanza buona. Durante lo spettacolo la professoressa ci aveva detto di avere riguardo per i melomani e di non fare rumore, altrimenti ci avrebbero sgridati. In realtà durante lo spettacolo c’è stato abbastanza rumore: gente che tossiva, gente che si alzava, persone che guardavano il cellulare, altre che sgridavano le persone che guardavano il cellulare, e allora incominciavano a bisticciare. Però tutto ciò non mi ha disturbato; anzi, mi ha anche un po’ rilassato, perché io sono entrato convinto di non dover neanche respirare. Per quanto riguarda la scenografia, ne sono stato colpito molto: c’erano due grandi colonne che erano l’elemento architettonico principale, e gli sfondi erano molto suggestivi e gran parte delle volte riportavano decorazioni floreali. Le luci erano usate efficacemente; c’era un’alternanza di colori che ti inducevano proprio a immedesimarti nella scena. Un altro elemento che trovato molto bello era la musica, che rappresentava lo stato d’animo dei personaggi. Gli abiti erano d’epoca e si vedeva che erano pregiati. Una cosa che mi ha molto colpito è il fatto che gli interpreti cantassero senza microfono, e a me non sembrava vero. Io ti consiglio almeno una volta nella vita di andare a vedere un’opera lirica, anche se può succedere, come è successo a me, che ci si può addormentare!

Ciao, Federico

Irene ha scritto:

Cara Giorgia,

il teatro d’opera è come una canzone: quando la ascolti per la prima volta, non ti concentri su tutti i suoi dettagli, però ti accorgi che alcune delle sue parti sono davvero emozionanti e coinvolgenti. Quando io ascolto una canzone, le prime volte mi soffermo poco sulle parole e più sulla melodia, sul ritmo e sul ritornello. Anche la mia prima volta a teatro è stata così: era un ambiente che non avevo mai visto in nessun’altra occasione, che mi ha colpito particolarmente nei suoi colori, nella sua imponenza e solennità. Come per una canzone, dunque, mi sono soffermata soprattutto sugli elementi più vistosi, quali i costumi, le melodie, l’aspetto dei personaggi, la presentazione della scenografia e gli oggetti di scena. Invece non ho fatto particolare caso allo svolgimento dei fatti della vicenda, alle parole scambiate tra i personaggi e al tono con il quale venivano espresse, ai virtuosismi dei cantanti, poiché non ero abituata ad assistere a questo tipo di spettacolo. Invece le persone attorno a me davano l’idea di conoscere bene quella situazione; infatti la maggior parte di loro apprezza il teatro proprio per le componenti su cui io ho sorvolato. A me è piaciuta anche l’emozione della preparazione e dell’accurata scelta di abbigliamento, in modo che fosse consono; mi è piaciuto ammirare i miei compagni nei loro abiti più eleganti e sofisticati. Avresti dovuto vederli! E non eravamo gli unici; a teatro è di consuetudine abbigliarsi in modo raffinato e distinto, nonostante gli abiti si notino solo nell’intervallo e nei minuti che intercorrono tra l’entrata e il raggiungimento del proprio posto. I nostri erano nella platea: poltrone comodissime e disposte in modo che si potesse vedere tutto il palcoscenico. Le nostre postazioni erano particolarmente buone, leggermente laterali rispetto a quelle più centrali, a una distanza dalla quale ancora distinguevo bene i volti dei personaggi, che in quella rappresentazione erano particolarmente belli. Ho avuto l’occasione di confrontare quest’opera con altre, messe in scena in diverse città. Ho potuto constatare che al Teatro Regio le luci sono molto forti, i colori dei costumi e dei fondali particolarmente accesi e vivi, gli oggetti di scena ben disposti e curati nel dettaglio, tanto da sembrare veri, in una tridimensionalità realistica; inoltre, ascoltando altre rappresentazioni, ho fatto caso che, allo spettacolo a cui io ho assistito, i cantanti erano a tempo perfetto con l’orchestra, ma anche tra di loro, in duetti o nel coro. L’orchestra poi, era sensazionale. Anch’essa sembrava essere uno strumento unico, in perfetta sintonia e magnifico tempismo. In realtà mi aspettavo che mi facesse più effetto ascoltare un’esecuzione dal vivo, ma forse oggigiorno i mezzi tecnici di trasmissione della musica hanno raggiunto livelli acustici talmente buoni da ridurre al minimo la differenza. È stato invece emozionante ascoltare le strabilianti voci dei cantanti, molto diverse tra loro, ma adattissime ai personaggi da interpretare. Ora tu, Giorgia, non conosci la storia che io ho seguito, ma ti assicuro che era tutto molto azzeccato: a personaggi timidi e impacciati sono stati attribuiti toni e parole adeguati alla loro caratterizzazione; a quelli più disinibiti ed esuberanti, presenze dinamiche ed energiche. È in base a questi aspetti che io ti consiglio di provare, almeno una volta, questa esperienza, e confronteremo poi i nostri pareri. Il consiglio più importante che posso darti per poterti godere al meglio lo spettacolo, qualunque esso sia, è di assicurarti una buona postazione a sedere e di conoscere almeno le basi della storia che viene rappresentata. Un altro suggerimento è quello di fare molto silenzio. Il teatro costa moltissimo ed è una vera passione: le persone intorno a te saranno sicuramente interessate a godersi lo spettacolo in tutte le sue sfumature, senza essere disturbate. Posso ancora dirti di scegliere una storia che ti piaccia. Il “Don Carlo” è una vicenda che ho percepito come molto distante dai giorni nostri: per molti aspetti non è stata realistica, ma è comunque comprensibile, poiché è ambientata alla fine del 1500. Non è stato soddisfacente nemmeno il finale, poco chiaro e privo di spiegazioni concrete. Inoltre la durata complessiva era un po’ pesante. Scendendo nel dettaglio, le arie sono le parti che mi sono piaciute meno. Invece, le scene in cui erano presenti molti personaggi sono state davvero meravigliose e coinvolgenti, e sono riuscita ad immedesimarmi (anche solo nella singola scena). Un’altra cosa che ho trovato sorprendente, sono stati i numerosissimi applausi finali, che non mi aspettavo così lunghi e sentiti, e a cui ho partecipato anche io, con maggior calore quando volevo elogiare i cantanti che ho maggiormente gradito. Come quando finisci per conoscere a fondo una canzone, dopo averla ascoltata molte volte, così accade anche per il teatro; più lo conosci, più ne scopri tutte le sfumature che ti permettono di innamorartene. Ascolta, anche tu, la tua canzone per la prima volta.

Ciao, Irene

E infine, il lavoro di Gaia:

Ciao Stef,
Come promesso eccomi qui a raccontarti della serata del 18 Aprile! So che non stai più nella pelle e vuoi sapere come sia andata, quindi ho cercato di mettermi all’opera (come sono simpatica!) il prima possibile nello scriverti questa mail. A dire la verità, non riesco a prendere una posizione ben precisa nel commentare la serata, non so nemmeno da dove iniziare! Il pensiero che più mi tormentava prima dello spettacolo (intendo dire le circa 758.231 ore prima) era l’abbigliamento. Ovviamente, se n’era parlato più volte in classe, ma, come sempre, non sono riuscita a decidermi fino all’ultimo momento. Non avevo molta scelta: i prof ci avevano raccomandato di sbizzarrirci e, lo sai, in questi casi non mi tiro indietro. Una volta arrivata davanti al Regio, elegantissima come poche volte nella mia umile esistenza, guardavo i miei compagni altrettanto eleganti. Credo che non ci sarebbe stato uno stile più adeguato della nostra eleganza in quel contesto. Pensare a come eravamo belli, in giacca, cravatta, tacchi e vestitini, mi fa sorridere. A parer mio, questa è stata una delle parti più divertenti dell’esperienza! Abbiamo scattato un sacco di fotografie. All’ingresso, siamo stati trattati come dei veri signori. D’altronde, la maggior parte del pubblico lo era effettivamente: raffinate signore tenevano sotto braccio i loro accompagnatori in papillon. Una volta entrata in sala, l’atmosfera è cambiata del tutto: gli spettatori, come formichine, si dirigevano frenetici verso la loro poltrona numerata. Per un momento sono stata pervasa da un leggerissimo senso di terrore: le loro abitudini non facevano parte di me, mi sentivo un’estranea in mezzo a tutta quella formalità. A luci spente, la mia concentrazione si è spostata sulla scenografia. Te ne parlo perchè so che ne andresti pazzo! Era davvero suggestiva. Perfino una parte del sipario, nonostante fosse solo un velo, risultava tridimensionale e sembrava risplendere di filamenti d’oro. L’illuminazione mi ha colpita molto: gli oggetti di scena erano così ben irradiati dalla luce che sembravano dipinti, si armonizzavano al resto dell’allestimento, non risultavano corpi estranei. Sul palco tre immense colonne corinzie sembravano ergersi per trasmettere solennità. Proprio su questo aggettivo era incentrata tutta l’atmosfera, necessaria per rappresentare al meglio la vicenda. Una buona, che dico, buonissima parte è svolta dalla musica! Purtroppo per te, mio caro pianista, non c’erano brani per pianoforte, ma l’orchestra era davvero spettacolare anche senza. I corni e i timpani suonavano laddove la serietà incombeva, mentre arpa e flauti diffondevano allegria e leggerezza quando le danze si aprivano. Mi ha colpito particolarmente un’aria, quella d’apertura. Nel chiostro di S. Yuste si celebrava il sovrano Carlo V, morto da non molto. La sala si era caricata di maestosità; un coro di frati inizialmente pronunciava il nome del sovrano con un tono molto basso, quasi avendo paura ad evocarlo. D’un tratto il teatro tremò, complici le percussioni e la voce possente del frate solista. L’atmosfera si era trasformata, evocando la venerazione più assoluta. Devo dire che avrei preferito ascoltare più musica, senza che la melodia fosse interrotta dalla voce dei cantanti, anche se riconosco che era veramente potentissima, versatilissima e davvero fuori dal comune. Tutta l’opera si incentra su questi particolari aspetti, capacità vocale e interpretazione, ma il melodramma tende ad avere effetti soporiferi sugli spettatori! A questo si aggiunge la lunghezza dello spettacolo: quattro atti, tre ore, un unico intervallo. Tu, tabagista, non avresti resistito! Come avrai notato, gli aspetti positivi sono di gran lunga più numerosi rispetto a quelli negativi. E’ ormai chiaro che andare all’opera è un’esperienza da fare almeno una volta nella vita. Essere degli appassionati, dei melomani, degli esperti, non è strettamente necessario; tuffarsi in un mondo che non è tuo porta al piacere di lasciarsi affascinare e, chissà, farsi trascinare alla scoperta di una nuova passione.
Tanti tanti baci,
Gaia

Complimenti a tutti i ragazzi e grazie per aver condiviso con noi il vostro lavoro!

Una risposta »

  1. Come sono felice di leggere qui i nostri bei ricordi! La prima volta in cui ho assistito al Don Carlo, qualche anno fa, ero una semplice spettatrice. Questa volta ero assieme ai miei ragazzi, e mi sentivo molto più che un’ospite, mi sentivo a casa, in una casa piena di musica! Grazie infinite per averci accolto!

  2. Sono stato interessato e anche divertito dalla lettura dei vostri resoconti sulla serata all’opera! Siete stati davvero in gamba…. Rimanete così entusiasti 🙂

Cosa ne pensi?