V vs W: musica e identità nazionale

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Friedrick Overbeck, Italia e Germania (titolo originario: Sulamith und Maria), 1811-1828olio su tela, Monaco di Baviera, Neue Pinakothek

Friedrick Overbeck, Italia e Germania (titolo originario: Sulamith und Maria),
1811-1828
olio su tela, Monaco di Baviera, Neue Pinakothek

A partire dal Romanticismo l’arte diventa vettore di istanze patriottiche, strumento di diffusione di ideali sociali e rappresentazione della nascita o del rinnovamento di identità nazionali. La musica, a cui si guarda relativamente da pochi anni come ad una forma d’arte autonoma e degna di considerazione, si inserisce a pieno titolo in questo contesto e diventa subito luogo di diatribe che hanno in realtà radici storiche e politiche, rafforzatesi nell’800 con le istanze rivoluzionarie e irredentiste, e  che nascondono allo stesso tempo una fortissima attrazione culturale. È la critica musicale in primis a sancire una forte contrapposizione tra musica italiana e tedesca: mentre la prima è reputata mezzo di espressione di sentimenti, la seconda viene considerata quasi un modo del pensiero, melodia mediterranea contro armonia mitteleuropea.

A queste considerazioni si lega la sempre crescente necessità di una riforma artistica che rinnovi e rigeneri il mondo musicale –e specialmente il dramma teatrale- costretto fino ad allora a sacrificare, come sintetizza Mazzini nella sua Filosofia della musica, gli affetti agli effetti:

Chi scrive non sa di musica, se non quanto gli insegna il cuore, o poco più; ma nato in Italia, ove la musica ha patria, e la natura è un concento, e l’armonia s’insinua nell’anima colla prima canzone che le madri cantano alla culla dei figli, egli sente il suo diritto, e scrive senza studio, come il core gli detta, quelle cose che a lui paiono vere e non avvertite finora, pure urgenti a far sì che la musica e il dramma musicale si levino a nuova vita dal cerchio d’imitazioni ove il genio s’aggira in oggi costretto, inceppato dai maestri e dai trafficatori di note. […]
Comunque, l’iniziativa della nuova sintesi musicale escirà d’Italia, o m’inganno. La sola Germania potrebbe contenderci questa palma. Ma la Germania, intenta in oggi a un lavoro d’applicazione, e stanca d’un lungo volo di secoli nella sfera nudamente teorica dell’astrazione, è trascinata per legge di cose a reazione tanto più violenta quanto più breve, contro la tendenza al misticismo che l’ha dominata esclusivamente fin qui. E l’iniziativa d’un’epoca, in un’Arte spiritualistica sovra ogni altra, è vietata a chi, non già s’affratella, ma pur si ravvicina d’un passo al materialismo. […]
Oggi alle due tendenze che fan perno dell’uno o dell’altro di quegli elementi, corrispondono due scuole, due campi, anzi due zone distinte: il nord e il mezzo giorno; la musica germanica e l’italiana. D’altra musica esistente per sè, e indipendente nel concetto vitale da queste due non so; nè credo ch’altri, comunque illuso da vanità di paese, possa trovarne.
La musica italiana è in sommo grado melodica. […]Lirica sino al delirio, appassionata sino all’ebbrezza, vulcanica come il terreno ove nacque, scintillante come il sole che splende su quel terreno, modula rapida, non cura — o poco — dei mezzi e delle transizioni, balza di cosa in cosa, d’affetto in affetto, di pensiero in pensiero, dalla gioia estatica al dolore senza conforto, dal riso al pianto, dall’ira all’amore, dal cielo all’inferno — e sempre potente, sempre commossa, sempre concitata ad un modo, ha vita doppia dell’altre vite: un cuore che batte a febbre. La sua è ispirazione; ispirazione di tripode, ispirazione altamente artistica, non religiosa. […]Rossini, e la scuola italiana di ch’egli ha riassunto e fuso in uno i diversi tentativi, i diversi sistemi, rappresentano l’uomo senza Dio, le potenze individuali non armonizzate da una legge suprema, non ordinate a un intento, non consacrate da una fede eterna.
La musica tedesca procede per altra via. V’è Dio senza l’uomo, immagine sua sulla terra, creatura attiva e progressiva chiamata a svolgere il pensiero di che l’universo terreno è simbolo. V’è tempio, religione, altare e incenso; manca l’adoratore, il sacerdote alla fede. Armonica in sommo grado, essa rappresenta il pensiero sociale, il concetto generale, l’idea, ma senza l’individualità che traduca il pensiero in azione, che sviluppi nelle diverse applicazioni il concetto, che svolga e simboleggi l’idea. L’io è smarrito. L’anima vive, ma d’una vita che non è della terra[1].

cinema_senso2Verdi, che all’epoca della pubblicazione di questo saggio non ha ancora cominciato la sua carriera artistica, incarnerà in pieno tutte le istanze che vi sono espresse. Uomo legato al territorio, fiero delle sue origini “contadine” e politicamente impegnato,  e autore di una musica strettamente e organicamente legata al contesto drammaturgico, un innovatore che però non tradisce lo spirito del suo tempo.

Oltre alla sua diretta partecipazione alla vita politica e al ruolo di sostenitore delle guerre indipendentiste contro l’Austria, impegno che culminò nella sua nomina a deputato del Parlamento del Regno d’Italia –carica che accettò di rivestire convinto dal ministro Cavour più che per entusiasmo personale -, D5-Lomb-ML 30Verdi diede letteralmente voce al Risorgimento italiano tramite la sua musica. Le grandi scene corali, le melodie cantabili nonché i soggetti storici di molti suoi drammi furono letti dal pubblico come espressione della nascente identità nazionale.

 Come Verdi appare strettamente legato ad un territorio e alle sue radici rurali, al contrario Wagner trascorse una vita da esule, quasi un apolide in vagabondaggio per l’intera Europa. Sebbene bandito dalla Sassonia per la sua partecipazione ai moti di Dresda al fianco di Bakunin, i suoi continui, quasi frenetici spostamenti si devono in effetti ad una perpetua fuga dai creditori e alla necessità di professare le sue idee artistiche, e non politiche, in modo libero e indipendente –ma costretto in realtà dalle continue necessità economiche. L’impegno politico di Wagner, come risulta evidente dai numerosi articoli e saggi che scrive sull’argomento (ricordiamo ad esempio il saggio del 1849 Die Kunst und die Revolution), mira in realtà più che ad un cambiamento sociale ad una riforma della scena artistica e dell’opera d’arte in sé. Come per Verdi l’arte è mezzo di espressione di questa istanza di cambiamento e la liberazione di un territorio da uno straniero invasore, per Wagner al contrario la rivoluzione ha come fine l’arte stessa.

La patria di Wagner non è terrena e concreta come quella di Verdi, bensì un ideale artistico, un luogo della mente, e come tale necessita di definizioni ben precise perché possa essere, finalmente, visibile a tutti.
Nel saggio del 1878 Was ist deutsch? (Cosa è tedesco?) Wagner si interroga proprio sulla parola “tedesco” e sul suo significato, sulle radici che stanno alla base dell’essere tedeschi. Wagner, un sassone, non ancora un tedesco in senso stretto: come d’altra parte Verdi nacque in un ducato a quei tempi addirittura sotto dominio francese.

L’esule è dunque Wagner con le sue incessanti peregrinazioni alla ricerca di ingaggi e mecenati, ma la vera celebrità internazionale, che raccoglie trionfi in Russia, a Londra, al Cairo e soprattutto a Parigi, vero palcoscenico d’Europa, è Giuseppe Verdi.  Persino nel periodo di maggiore stabilità, in Baviera, protetto del re Ludwig II, Wagner rimane esule, descrivendo nelle sue opere un mondo mitico e lontano a cui il monarca anela ma che certamente non rispecchia l’attualità dei fatti. Il regno di Ludwig è una nazione in disfacimento e le saghe nordiche messe in scena da Wagner rappresentano per il re niente altro che una fuga dalla realtà.

Casa di riposo per musicisti "Giuseppe Verdi", Milano

Casa di riposo per musicisti “Giuseppe Verdi”, Milano

Laddove Verdi diventa un eroe nazionale tramite le sue azioni e convinzioni tutte orientate verso la comunità (pensiamo, oltre alla creazione artistica, al finanziamento dell’ospedale di Busseto e della Casa di riposo per musicisti di Milano) oltre che alla facilità di fruizione della sua musica, Wagner è invece un vero esteta nel senso più autoreferenziale del termine, i suoi ascoltatori quasi degli iniziati. Se in teoria il Maestro vuole dare voce –o meglio, creare lo spirito di un intero popolo, nei fatti la sua musica non è per tutti: è il popolo stesso che deve elevarsi per poterne godere.

Il sogno wagneriano di dare voce al popolo tedesco si avverò molti anni dopo la sua morte con l’avvento del nazismo, di cui la sua musica divenne vera e propria colonna sonora, immancabile accompagnamento a parate, manifestazioni, propaganda cinematografica –con l’appoggio incondizionato dei discendenti del Maestro e conseguentemente della gestione del Festspielhaus di Bayreuth.

Winifried Wagner e Adolf Hitler a Bayreuth

Winifried Wagner e Adolf Hitler a Bayreuth

Alcuni aspetti del pensiero wagneriano, come il fortissimo antisemitismo abbinato alla contrapposizione tra popoli corrotti e “vero” spirito tedesco, carattere che affonda le radici però non nella storia ma nella mitologia nordeuropea (non propriamente germanica), non poteva che risultare congeniale all’ideologia nazista; altre componenti, soprattutto il misticismo e la ricerca religiosa del Wagner più maturo (Parsifal) furono invece dal nazismo decisamente rigettati e condannati, o come il decadentismo che connota le sue opere e condanna ad esempio gli dei, distrutti dalla propria sete di potere, a tramontare impietosamente e per sempre alla fine del Ring, passarono (volutamente o meno) in secondo piano.

 Va ricordato che Verdi e Wagner non presero mai effettivamente posizione l’uno contro l’altro –benché Wagner in numerosi scritti avesse criticato l’opera italiana e Verdi si irritasse a sentirsi definire imitatore del Maestro tedesco-  e anzi possiamo trovare qualche indizio del riconoscimento della grandezza del proprio “rivale”, soprattutto da parte di Verdi nei confronti di Wagner, nell’attenzione alla produzione artistica altrui (pensiamo al Lohengrin eseguito a Bologna nel 1871 a cui Verdi assistette prendendo appunti sulla partitura) e nella condivisione di alcune idee soprattutto di innovazione teatrale e drammaturgica. Alla morte di Wagner, Verdi scrisse all’editore Giulio Ricordi: “Triste, triste, triste! Wagner è morto! Quando ieri ho letto il dispaccio, sono rimasto atterrito! Non discutiamone! Una grande individualità scompare! Un uomo, che lascia un’impronta poderosissima nella storia dell’arte!”.

Più che Verdi e Wagner in persona furono piuttosto critici e pubblico a dividersi in due accanite fazioni di sostenitori e detrattori dei due Maestri.

Wagner trovò anche in Italia diversi sostenitori del suo pensiero ancora prima che giungesse la sua musica: conosciuto come “dottissimo critico oltremontano”, venivano apprezzati i suoi interventi a favore di una riforma che rivalutasse l’importanza del libretto ed una sua connessione organica con il discorso musicale. Come giustamente nota Sergio Martinotti, “si parlava di Wagner senza conoscere le sue opere[2], e quando arrivò in effetti anche la musica si ebbero reazioni contrastanti: molti rimasero sconcertati per “l’assenza di melodia” e le sonorità “barbariche”, e vennero a formarsi anche in Italia vere e proprie fazioni pro e anti Wagner.
Ai critici non sfuggì che queste reazioni furono causate dalla novità non tanto in senso assoluto del discorso musicale, che anzi altro non faceva se non riprendere le istanze di rinnovamento del dramma musicale di cui si sentiva la necessità in tutta Europa, quanto dalla mancanza di preparazione ad un tipo di ascolto completamente nuovo.
Per questo motivo Wagner assurse improvvisamente a simbolo –in senso dispregiativo- di tutto ciò che era percepito come non tradizionale: ricordiamo ad esempio le accuse di manierismo wagneriano mosse al Verdi dell’Aida.

La diatriba tra verdiani e wagneriani non si estinguerà con la scomparsa prima di Wagner e vent’anni dopo di Verdi: per fare alcuni esempi, Bayreuth rimarrà un tempio wagneriano chiuso a qualsiasi esecuzione musicale altrui –e addirittura a direttori stranieri: il primo italiano ad avere accesso al Festspielhaus fu Arturo Toscanini- e la prima esecuzione del Ring prevista a Torino nel 1901 fu vietata da Ricordi, che ne deteneva i diritti, in omaggio alla recente scomparsa di Giuseppe Verdi.

Sicuramente il doppio bicentenario dovrà contribuire a spegnere la sterile e logora polemica e piuttosto costituire un’occasione di studio, comprensione, confronto anziché contrasto tra i due Maestri e potrà soprattutto, ci auguriamo, rafforzare negli amanti della musica la passione verdiana e wagneriana al di là di ogni differenza o controversia.


[1] Giuseppe MAZZINI, Filosofia della musica, 1836. Consultabile integralmente a questo link. Grassetti nostri.
[2] Sergio MARTINOTTI, Wagner nella cultura e nella musica italiana, in G. MANERA (a cura di), Wagner in Italia, Marsilio, Venezia 1982, p. 38

Una risposta »

  1. Certamente il desiderio che sia superata ogni controversia è fortissimo! Sarebbe il miglior risultato riuscire a godere del volo dell’anima che ci dà la musica wagneriana con l’intensità e la potenza dei forti colori emotivi della musica verdiana. Come potrebbe insegnarci quel meraviglioso “cuoco” di Rossini condiamo un piatto di magiche avventure nordiche spirituali con il sale mediterraneo che ci scalda il cuore con le passioni delle tribolazioni della vita quotidiana. Gli ingredienti indispensabili sono: conoscenza e ascolto, curiosità e desiderio ardente, volontà di viaggiare nella profondità dell’anima guidati dalla Musica (tutta!!!).

  2. Mi è piaciuto molto il confronto istituito in una contestualizzazione storica puntuale e agile allo stesso tempo. Credo sia facilmente fruibile da tutti senza però peccare di superficialità. Ho trovato interessanti le citazioni mazziniane- in merito all’importanza patriottica della musica-certo non molto conosciute dai più. Nell’insieme un ottimo contributo al dibattito sulle celebrazioni dei due Grandi.

  3. Ci piace immaginare Verdi e Wagner protagonisti di un talentshow, dove si sfidano con la bacchetta in mano,mentre un’ orchestra formata da musicisti provenienti da ogni parte del mondo esegue brani tratti dalle loro opere più famose e noi da casa con il televoto decretiamo il successo dell’uno o dell’altro!!!!!!

    Classe 4AE

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